Manca pochissimo all’ottava edizione di Ciné – Giornate Estive di Cinema, al Palacongressi di Riccione dal 2 al 5 luglio. Le nostre chiacchierate con gli esercenti cinematografici più innovativi e virtuosi continuano con Antonio Sancassani, titolare del leggendario Cinema Mexico di Milano. Ed ecco cosa ci ha raccontato.
Un grande capolavoro che è stato anche un porta fortuna per il Cinema Mexico: The Rocky Horror Picture Show porta al cinema solo gli appassionati o un pubblico sempre nuovo e curioso?
Il Rocky Horror ha caratterizzato il Mexico, sono 37 anni che lo programmiamo e siamo rimasti gli unici che lo fanno. C’è pubblico giovane e pubblico meno giovane. In 37 anni si contano almeno due generazioni ed è emozionante vedere la gente che ci porta i figli. La scorsa settimana è arrivata una coppia che raccontava di essersi conosciuta al Mexico. Si sono fidanzati, sposati e adesso portano il figlio a vedere il Rocky Horror. Questo è il Mexico, questo è il Rocky Horror che viene proiettato dal 1981.
Quanto impegno ci vuole per proporre una programmazione controcorrente?
È la ragione per cui fai questo mestiere. È una cosa molto impegnativa, che ti prende tutto il giorno, perché tenere oggigiorno un monoschermo aperto è un’impresa. Non a caso hanno chiuso quasi tutti, a Milano siamo rimasti in 4.
Il monoschermo è in grosse difficoltà, ma il Mexico vive così, forse è riuscito a programmarsi in maniera tale da avere qualcosa in più rispetto ad altri, riuscendo a fidelizzare il suo pubblico. Il lunedì c’è il film indipendente, il giovedì il film in lingua originale, il venerdì c’è il Rocky Horror. Quindi si cerca di farcire la programmazione con cose diverse, perché in un monoschermo non si può proporre neanche un altro film. Però è divertente.
Ho misurato la mia pazienza sul Mexico: finché mi arrabbio per le cose che non vanno bene, vuol dire che ho ancora voglia di fare. Il giorno che non mi arrabbierò più, avrò esaurito la mia pazienza. Però, siamo ancora qui. Hanno fatto un docufilm molto molto bello, qualche anno fa, dedicato al Mexico e girato anche nelle sale, ho avuto l’opportunità di andare in giro per l’Italia a presentarlo. È stata un’emozione particolare, non mi era mai successo.
Quanto è importante per un vero appassionato di cinema vedere un film in lingua originale?
I film in lingua originale, ogni giovedì, li facciamo da 30 anni. Devo dire che hanno un buon riscontro, una buona copertura in quella giornata. La lingua originale dà la possibilità di godere certe sfumature del film, godersi l’attore, la sua voce. I film in lingua originale in Italia non sono ancora al 100%, ma all’estero i film non vengono neanche doppiati, vengono sottotitolati.
Quali sono i vostri progetti futuri del Cinema Mexico?
Innanzitutto quello di riuscire a stare aperti, che sarebbe un bel successo. Poi cercare di inventarsi sempre delle cose nuove, cercare di arricchire il palinsesto senza esagerare, così da dare fiducia alle case di distribuzione e farci dare i film più facilmente.
Il lunedì, dei 4 spettacoli della giornata, l’ultimo è dedicato ad un film diverso, di un autore indipendente. C’è bisogno di qualcuno che dia una mano a questi giovani registi, per far vedere il loro lavoro da qualcuno, perché fare un film oggi è abbastanza facile, è difficile poi proporlo nelle sale. Il Mexico, nel suo piccolo, dà l’opportunità di proiettare i film indipendenti nell’ultimo spettacolo del lunedì.
Ad esempio, un film del 2007 che si chiamava “Il vento fa il suo giro”, del regista Giorgio Diritti, è arrivato da me e lo abbiamo proiettato per due anni. Un record assoluto. Ed era un’opera prima. Questo è quello che il Mexico cerca di fare; dare la possibilità a dei giovani autori di presentare il loro film in sala. Ogni regista ha pensato al suo film in modo che venga visto in una sala, al buio e sul grande schermo. È anche questa la magia del cinema. Io che ho 70 anni, quando vado al cinema e si spengono le luci mi emoziono, perché lì comincia un sogno.
Come immaginate il futuro del cinema in Italia?
In questo momento il cinema in Italia sta andando male, molto male. Speriamo che la nuova legge possa raddrizzare qualcosa, cercando di fermare questa emorragia di spettatori. Dobbiamo fare un atto di umiltà, e copiare quello che fanno i francesi.
I francesi riescono a superare di un bel po’ i 200 milioni di biglietti venduti all’anno, e l’Italia che ha gli stessi abitanti non arriva nemmeno ai 90 milioni. Bisogna farsi delle domande. Forse qualcosa dovrà essere corretta. Si devono fare film di maggiore spessore, non farne così tanti, ma farne di qualità.